“IL VAMPIRO DI VENEZIA” Intervista a Matteo Borrini; Antropologo Forense

“IL VAMPIRO DI VENEZIA”

Emilia di Roccabruna – Prof. MatteoBorrini

La curiosità uccise il gatto…” fino a che…

Una domenica mattina d’inverno avvolta di soffice nebbia, l’odore salmastro della laguna veneziana, un’enigmatica scena del crimine. Una porta sul mondo accanto, un salto temporale di seicento anni, uno stargate tra storia e superstizione. Ecco gli elementi suggestivi che, virtualmente, ci portano, io, la fidata Berta e un affascinante giovane amico, come investigatori del mistero, a Venezia. Precisamente nella zona del camposanto di Lazzaretto Nuovo.

19e

L’isola del Lazzaretto Nuovo si trova all’ingresso della laguna veneziana, di fronte al litorale di S. Erasmo ed è raggiungibile dalle Fondamenta Nuove col vaporetto ACTV, linea 13 (fermata su richiesta). Attualmente l’isola è proprietà dello Stato, che nel corso degli ultimi vent’anni ne ha curato e promosso diverse campagne di scavi archeologici. Storicamente la sua posizione ha fatto sì che fosse un punto di riferimento nel sistema portuale di Venezia. L’isola è circondata da una ricca vegetazione spontanea. All’esterno della cinta muraria è presente un sentiero lungo il quale si può ammirare la vegetazione e il tipico paesaggio lagunare: il sentiero si inoltra in boschetti di allori, frassini, biancospino, pruni selvatici, limonium, salicornia e artemisia. Attualmente sull’isola sono rimaste le mura fortificate e all’interno delle mura vi è un grande prato molto curato dove si possono vedere le antiche strutture recentemente scavate, l’antica chiesetta di S. Bartolomeo e la casa del priore del lazzaretto. Ad incorniciare dolcemente i caseggiati, vi è anche uno splendido doppio filare di gelsi secolari.

13e

Tra il quattordicesimo e il quindicesimo secolo vennero edificati un piccolo ospizio e una chiesetta dedicata a S. Bartolomeo. Il Senato veneziano decide di espropriare l’isola ai monaci per destinarla alla realizzazione del Lazzaretto Nuovo, da cui il nome attuale dell’isola. Il primo lazzaretto, infatti, era situato sull’isola di S. Maria di Nazareth, ma a seguito di una terribile epidemia di peste, tale struttura non era sufficiente capiente per ospitare gli ammalati, e si decise di far costruire un nuovo ricovero. Mentre al lazzaretto vecchio erano destinate le persone già ammalate di peste, in quello nuovo vi restavano sia le persone che erano state esposte al rischio di contagio sia le merci e gli equipaggi delle navi mercantili in arrivo in laguna, sospettate di recare il terribile morbo. Al di fuori delle mura si trovava il cimitero che è stato oggetto di indagine archeologica. Da questa indagine, ci sono arrivate testimonianze della terribile epidemia di peste nera (chiamata anche Grande Morte o Morte Nera) che flagellò Venezia nel periodo 1575-1577, uccidendo circa un terzo della popolazione.

7e

15e (Photo Credit: © NGT) Si narra che sull’isola veneziana, in uno scavo archeologico condotto tra il 2006 e il 2008, l’antropologo forense Dott. Matteo Borrini che, gentilmente ci accompagna in questo viaggio virtuale nel mistero, come detto all’inizio dell’articolo, e il suo team trovarono in una fossa comune per le vittime della peste del XVI secolo, tra i tanti resti, uno scheletro molto particolare. Dalla sabbia soffice, disseppellirono un cranio umano con un mattone infilato in bocca, mentre il resto del corpo appariva intatto dalla cassa toracica in giù. Tale scoperta potrebbe aver fatto pensare ad un efferato omicidio. Invece no.

8e (Photo Credit: © NGT) Dallo strano tipo di sepoltura, sembrava si trattasse di un vampiro, o almeno di quello che all’epoca fosse ritenuto un vampiro. Ai vampiri, secondo la credenza popolare, veniva anche attribuita la responsabilità della diffusione della peste. Secondo gli studiosi, il fatto che nella mandibola fosse stato inserito un mattone fa pensare che fosse considerato un vampiro. Anzi, una vampira. Perché da un primo esame della struttura ossea e dalla morfologia dello scheletro si scoprì fosse stata una donna. Una donna-vampiro, non solo una metafora maschilista che, “spesso”, definisce il genere femminile come un oggetto creato per rubare energie agli uomini, ma rappresenta un mistero insoluto, anche alla luce di questi nuovi ritrovamenti archeologici.

Vampiri tra mito e realtà.

(Photo Credit: © NGT) Una miscellanea di leggende fumose e misteri irrisolti, fino al momento in cui Matteo Borrini, docente all’Università di Firenze e il suo team, i quali ovviamente non credono ai vampiri, riuscirono a trovare il bandolo dell’ingarbugliata matassa. Studiarono approfonditamente il cranio trovato nello scavo al Lazzaretto Novo e scoprirono di avere a che fare con un nachzehrer (vampiro masticatore), e quindi, all’epoca della sepoltura, c’era un solo modo per fermare questo vampiro: impedirgli di cibarsi. Infilarono, alla vittima ancora in vita o al suo cadavere, un mattone in bocca, con violenza, spaccando denti e mascelle, secondo un rituale consolidato.

Procediamo con ordine.

Il Professor Matteo Borrini, ci aiuterà a fugare ogni arcano di questa misteriosa e affascinante storia antica di seicento anni. Tutto inizia nel giorno del 7 marzo 2008.

D) Matteo, è passato un po’ di tempo dal rinvenimento. Perché hai pensato che lo scheletro fosse quello di un vampiro-donna?

R)”In base alle tracce che abbiamo ritrovato scavando i suoi resti. La presenza di un mattone posizionato intenzionalmente nella sua bocca erano compatibili con quanto noto circa un antico rituale di devampirizzazione”.

Nell’Europa del XVII secolo era diffusa la credenza che ci fosse uno stretto rapporto tra epidemie e vampiri, e in particolare tra pestilenza e un tipo di vampiro, il nachzehrer (il masticatore di sudario, o divoratore della notte), “apparso” per la prima volta in Polonia attorno al ‘300. All’origine delle grandi epidemie, che a intervalli di 10-15 anni l’una dall’altra hanno decimato la popolazione europea tra il 1300 e il 1600, c’erano eventi di portata biblica, come la piccola glaciazione (XIII secolo) e le carestie che l’hanno seguita. La conta dei morti è impressionante: la prima ondata di peste in Europa (passata alla storia come la peste nera) si portò via almeno 25 milioni di persone su di un totale di 100 milioni di persone. Verso la fine di quel tragico periodo, tra il 1630 e il 1631, nella sola Venezia, la città più cosmopolita del mondo, l’epidemia fece almeno 50.000 vittime su 150.000 abitanti. Morirono una persona su tre. I religiosi, i “magistrati di sanità”, i medici, la teriaca, le misure di quarantena e le “patenti di sanità”; nulla di tutto questo sembrava in grado di fermare il contagio. Perciò doveva essere opera del demonio e dei suoi strumenti, come il nachzehrer: ovvero il masticatore di sudari. Secondo le credenze popolari questi esseri non si nutrivano di sangue ma “vivevano” nelle loro tombe come veri vampiri”. (Photo Credit: © NGT)

Apprendo che, il Vampiro nelle leggende dei popoli è sempre stato descritto come una piaga, una malattia misteriosa che si espande come un morbo mortale. Il Vampiro è l’incarnazione del Male; E’ il Vento freddo che rapisce la vita nel sonno. E’ la morte orrenda che si ciba della linfa vitale dei vivi, della verginità di giovani fanciulle. Il risultato di queste leggende, nel tempo, diventa terrore puro, scaturito, anche, da superstizioni farcite di ignoranza, atte ad espandersi in una vera e propria psicosi collettiva. La leggenda dei vampiri è mutata con il passare degli anni, modificando i comportamenti e l’aspetto di questa magica creatura per meglio adattarlo alle necessità di coloro che vi credevano, e così il Vampiro dal cadavere non decomposto che massacrava le sue vittime è diventato l’eroe giovane e romantico che si nutre del sangue dell’amata mortale, non per farne sua vittima, ma per farla diventare la sua sposa per l’eterno. Da ciò che ci racconta Matteo, le cose non stanno proprio così. La storia dei vampiri rimarrebbe relegata nell’immaginario collettivo, e la realtà sarebbe molto più semplice di quello che crediamo.

E dunque…

D) Matteo, come si capiva che in una tomba c’era un Vampiro-Nachzehrer?

R) Alcune leggende parlano di un rumore “simile al grugnire di un maiale” che poteva essere sentito all’esterno del sepolcro e che veniva attribuito al masticare dei non-morti nella loro bara. In realtà traccia tangibile della presenza di un nachzehere era il rinvenimento, una volta riesumato il corpo, di apparentemente non decomposti, ma gonfi e con il ventre colmo di sangue fresco. Tutto questo faceva immediatamente pensare al non morto delle tradizioni slave e quindi scattava l’esorcismo anti vampiro. il segno del nachzerer, in aggiunta, era poi il sudario “masticato” e forato in corrispondenza della bocca. Questo ritrovamento è il primo che ci ha consentito di analizzare in toto le prove fisiche della leggenda dei vampiri e dei metodi per eliminarli, mostrando come essi fossero molto diffusi e dettati dalla “non conoscenza” dei processi di decomposizione dei cadaveri. Possiamo infatti immaginare lo spavento dei becchini che aprendo una tomba per seppellire il gran numero di morti causati dalla peste vedevano corpi gonfi e macchiati di presunto sangue fresco. Creature simili, nella mente di chi non conosceva nemmeno le ragioni di un’epidemia come quella della peste non potevano che essere demoni o vampiri”. Risponde Matteo …

D) Qual è la storia dei vampiri masticatori e il rituale per ucciderli?

R) “Secondo le testimonianze dell’epoca, e che si riferiscono anche alle conoscenze dei secoli precedenti, una prova di aver intercettato la sepoltura di un vampiro era il cadavere intatto e il sudario masticato e consunto a livello della sua bocca». A questo essere malefico gli studiosi medievali hanno dedicato diverse trattazioni “scientifiche”. Questo mito ha attirato l’attenzione di diversi studiosi. Uno dei primi fu Philuppus Rohr, che nel 1679 nella sua “Dissertatio historico-philosophica de masticatione mortuorum”, suggeriva che dietro questa immonda attività si nascondesse l’attività blasfema di un demone, Azazel, e presenta all’Università di Lipsia la sua ricerca, nella quale descrive alcune caratteristiche comportamentali di questi defunti: i nachzehrer. Termine che proviene dalle parole tedesche Nacht-Notte e Zehrer-Divoratore. I Nachzehrer erano soliti, nella loro tomba, masticare il velo funebre (il sudario), provocando un rumore simile a un grugnito, e come una larva crescevano e maturavano finché erano in grado di emergere come veri e propri vampiri, mentre l’immediata conseguenza della masticazione erano le epidemie. Quanto all’osservazione morfologica, altri “studi” avevano già appurato che il cadavere appare “intatto”, con gli arti flessibili, la pelle tesa e liscia, la barba e le unghie rinnovate. Altra fondamentale caratteristica che è alla base del termine vampiro (da oupiro, sanguisuga), era la presenza nel ventre rigonfio del cadavere di sangue liquido che fuoriusciva quando si trafiggeva il non-morto con una spada o con il più classico paletto, prova delle scorrerie ematofaghe del vampiro. Da qui la natura del rimedio: «Disseppellire il corpo del non-morto, togliergli dalla bocca il sudario che stava masticando e sostituirlo con una manciata di terra, con una pietra o con un mattone», spiega Matteo Borrini. Insieme all’associazione tra vampiri e peste, è questo rituale l’elemento più rilevante che collega la sepoltura ai nachzehrer.

4eSuccessivamente fu Michael Ranfitus, nel 1725, ad occuparsi dell’argomento. Scrisse“Masticatione Mortuorum in Tumulis”, e propose due teorie: prima una spiegazione razionale, suggerendo che i rumori tra le tombe e la diffusione della peste fossero da ascriversi alla febbrile attività dei ratti, quindi dava una supposizione sovrannaturale: L’esistenza di un’anima vegetativa che aleggiava intorno al morto, causando la crescita dei peli e delle unghie ed a volte in grado anche di danneggiare i vivi. Le testimonianze dell’epoca sono frutto di una scorretta interpretazione dei dati tanatologici, le conoscenze sulle modificazioni cadaveriche erano infatti limitate a un breve periodo successivo al decesso, che comporta il raffreddamento del corpo e la rigidità muscolare lasciando tutto sommato intatte le fattezze del deceduto. Gli stadi successivi erano invece occultati dalla sepoltura, che veniva generalmente riaperta dopo anni, consentendo un secondo contatto con il cadavere solo quando era divenuto scheletro. Ciò fece identificare il morto o in un corpo rigido e freddo o in un mucchio di ossa sbiancate”.

Di seguito troverete il testo originale fornitomi dal gentilissimo Francesco Canu: http://books.google.it/books?id=-8lGAAAAcAAJ&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q&f=false

D)Praticamente: “Morto uguale a scheletro; non morto uguale a corpo in decomposizione”?

R) “Si; Quello che le cronache descrivono come non decomposto è in realtà una fase della decomposizione compatibile con lo stadio enfisematoso: durante questo periodo, che dura tre-quattro mesi, l’addome del cadavere si tende sotto la pressione dei gas putrefattivi e, se forato, lascia fuoriuscire liquami facilmente confondibili con “il pasto del vampiro”. Sempre a questo stadio, per effetto dell’epidermolisi la cute di mani e piedi si “scolla”, esponendo gli strati sottostanti e dando l’impressione che siano cresciute nuova pelle e nuove unghie. Anche l’idea che il nachzehrer stesse masticando il proprio sudario nasce da reali constatazioni, interpretate però senza le necessarie conoscenze medico-legali: i gas che fuoriescono dal cadavere possono infatti inumidire il tessuto, che sprofonda così nella bocca e qui deteriorarsi e bucarsi per l’azione dei liquidi corporei. Ecco dunque spiegato come e perché si afferma la figura del nachzehrer. Durante le crisi sanitarie era usuale riaprire sepolture recenti, per deporvi altre vittime della pandemia, facilitava l’incontro con corpi non totalmente decomposti che alimentavano il terrore e la superstizione della popolazione. Verosimilmente fu questo che accadde al Lazzaretto Nuovo: durante lo scavo per la deposizione di una nuova vittima della pestilenza, i necrofori intercettarono un corpo integro, almeno a loro modo di vedere, con il sudario consumato a livello della bocca. Così, individuato il nachzehrer forse responsabile dell’epidemia, lo neutralizzarono sostituendo il sudario con un mattone. Probabilmente durante i periodi di pestilenza era usuale riaprire le sepolture per deporvi altri cadaveri, anche a distanza di breve tempo. Quando ci si imbatteva in cadaveri non del tutto decomposti o addirittura integri, il terrore del contagio poteva far nascere figure mitiche come i vampiri. In realtà oggi sappiamo, grazie alle conoscenze di medicina legale e antropologia forense, che questi fenomeni, esattamente così come venivano descritti da medici ereligiosi, rappresentano quello che accade a un corpo in decomposizione. Il contatto con la morte all’epoca, sia per la gente comune ma anche per gli stessi medici, era limitato a due situazioni: o quella dei primi giorni dopo il decesso, quando il cadavere è perfettamente conservato. Oppure lo stadio finale quando rimangono solo le ossa. Tutto il processo di decomposizione era occultato dalla sepoltura, sconosciuto. Quando, in occasioni particolari, ci si trovava davanti a un corpo in decomposizione si pensava a fenomeni soprannaturali”.

D) Ci sono altre “donne-vampiro”?

R) “Non credo che quello veneziano sia l’unico caso ma è la prima volta che siamo riusciti a fare un percorso a 360° partendo dall’evidenza archeologica fino ad arrivare a spiegare la leggenda. Questo grazie all’applicazione di un metodo di lavoro scientifico e investigativo molto puntuale che è quello dell’antropologia e archeologia forense”.

Concludendo….

Una volta, le leggende sui vampiri mi facevano paura. Ricordo, quando ero una ragazzetta affamata di emozioni e attratta dal mistero, lessi “Dracula” di Bram Stoker, il libro sui vampiri per antonomasia. Quel romanzo mi emozionò e spaventò al punto che rimasi sveglia per diverse notti, col cuore in tumulto. Ero sicura che prima o poi qualcosa di furtivo e di spaventoso si sarebbe materializzato nel buio della mia stanza per abbeverarsi del mio sangue. Per molto tempo fui affascinata, e allo stesso tempo intimorita, dalla figura di Dracula. Il vampiro abbandonava per un breve lasso di tempo, rigorosamente dal tramonto all’alba, la sua dimora eterna e cacciava da solo, dal singolo individuo ad intere comunità. Il succhiatore di sangue e d’anima, e stato descritto dalla letteratura e cinematografia (nonché dall’immaginazione) dei nostri giorni ed è stato rappresentato come un predatore instancabile, forte, affascinante, massacratore di popoli, la sua malvagità lo aveva fatto tornare nella morte e la sua eccezionale perfidia muoveva il suo morto corpo per le terre in cerca di linfa vitale per mantenersi nella condizione ottenuta. Demone, fantasma, simbolo di terrore, perfetto araldo del Male. Non vivo, non morto, demone devastatore e uccisore di innocenti. Uomo lontano dagli uomini, lontano dai maledetti, solo con la sua sete e la sua malvagità perversa.

Dopo questa indagine, il Professor Borrini ci ha svelato una scomoda realtà.

I vampiri non sono mai esistiti.

I vampiri, uccisori di innocenti e profanatori di cadaveri sono stati i vivi. Le antiche leggende e le varie ricerche scientifiche d’epoca, ci hanno raccontato dello scempio commesso dai “presunti vampiri”, ma raramente si è parlato dell’atroce vandalismo commesso sul corpo del “dannato” di turno, da parte dei “sani”.

Ecco che i racconti di sevizie ai “mostri” si arricchiscono di crudi particolari. Paletti di frassino inseriti nel costato del vampiro all’altezza del cuore, come a simboleggiare la liberazione dell’anima; ecco l’impalazione della bocca della presunta donna-vampiro per impedirle di diffondere il terribile morbo della peste; ecco la descrizione di raccapriccianti decapitazioni e di incendi al resto del corpo.

L’essere umano ha sempre studiato la maniera per distruggere ciò conosceva e che gli faceva paura.

Credo che le nostre conoscenze siano troppo pragmatiche o comunque troppo superficiali, tanto da arrogarci il merito di salvare un’anima con l’uso indiscriminato di riti violenti e comunque da un mio punto di vista, ben lontani dal desiderio di ridare a questi “pseudo-mostri-dannati” la pace e la resurrezione. Alla fine della fiera, i mostri sono quelli che si accaniscono contro le donne, i bambini, gli indifesi…

Cari Lettori, con questa indagine, ma soprattutto con l’aiuto di Matteo Borrini, che ringrazio di cuore per avermi aiutato con materiale e foto, a svelare un affascinante mistero lungo seicento anni…

Spero vivamente di aver ricordato “la Donna di Venezia” come tale, e non come essere maledetto…

To be continued…

E.di ROCCABRUNA – M.BORRINI

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LINK & CREDITS

Dott. Matteo Borrini, PhD
Honorary member Commonwealth War Graves Commission –
Commonwealth-Italian Joint Committee
Director of the Forensic Science Department – UNISED International
University of Security Sciences and Social Defense
Professor of Forensic Anthropology – – UNISED International University of Security Sciences and Social Defense
Contract professor Papal Theological University “San Bonaventura”
Contract professor Post Graduate Specialization School of
Archeological Heritage, University of Florence

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PHOTO CREDIT BY: (Photo Credit: © NGT) Con gentile concessione del prof. Matteo Borrini.

http://www.acisf.it/accademia/comitato_scientifico_2.aspx

http://multipleverses.com/2010/02/19/national-geographic-channel-l-explorer-vampire-forensics-tue-223-at-10pm-etpt/

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8 thoughts on ““IL VAMPIRO DI VENEZIA” Intervista a Matteo Borrini; Antropologo Forense

  1. Leggere il Vostro pezzo, Donna Emlia è qualificante.
    Allargammo i nostri orizzonti con un ampia visione di quello che il Vostro stesso articolo si proponeva.
    Molto bella, brillante è l’intervista fatta al Dott. Borrini.

    Ecco che la Scienza, madre della razionalità e nemica strenua di qualsiasi superstizione, (che poi è l’ignoranza sulle questioni che via via si affrontano) offre anoi, usufruotori di un “sapere” ben canalizzato, quella conoscenza che è obbligo nei confronti del prossimo e del mondo in cui viviamo.
    Interessante su tutti i versanti.

    Avete fatto centro, mia Signora.
    Con molta stima e per traslato ringraziando il Dott. Borrini, Vi lasciammo le nostre più compiute cordialità.

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  2. Molto interessante questo post, spesso nell’immaginario popolare si creano personaggi mostruosi, quasi per cercare di dare una spiegazione a fenomeni di non semplice comprensione, almeno per quel periodo di tempo.
    Sicuramente è una sciocchezza, ma leggendo e pensando alla parola vampiro, mi sono accorto che può essere costituita da due parole: vamp (vampa, fuoco) e Pyr (in greco: fuoco), sicuramente è una associazione forzata, in quanto non so cosa i vampiri possano avere a che fare con il fuoco.
    Auguro una buona serata, con amicizia, Vito

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  3. Estremamente interessante, pertinente e soprattutto molto professionale.
    Sicuramente da annotarne tutte le informazioni fin qui date, congratulandomi con entrambi.
    Donna Emilia Siete una soddisfazione.

    Salutazioni

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  4. Molto, molto interessante il suo articolo. Ho imparato tanto nel leggere la sua intervista così acutamente preparata.
    Come scrivevo in altra sede al Dott. Raimondi, che noto ha modo di apprezzarla, non sono portato (per istruzione, educazione, …) alla cultura letteraria Gotica o Vampirica.
    Però, mi creda, una lezione di cultura scientifico/professionale quale quella lasciata dal Prof. Dott. Matteo Borrini e da Lei, minuziosamente relata, è un’altra cosa.

    Mi ha colpito, grandemente, la spiegazione molto lineare delle fasi putrefattive e susseguentemente delle osservazioni induttive per spiegare gli “arcani misteri”.
    Una indagine profusa con metodo e selezione.
    L’elevazione dell’intelletto umano che si muove nel campo della ricerca e scevro da inibizioni culturali, religiose, o peggio ancora, superstiziose espone con fatti la natura fisica.

    Mi creda, per quello che potrebbe valere, sono molto soddisfatto.

    Congratulazioni ad entrambi.

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